Archivi del mese: febbraio 2012

Hugo Cabret

Hugo Cabret locandina

Come si potrà facilmente intuire dal titolo del post, sto per accingermi a raccontarvi dell’ultimo film di Scorsese. Prima di cominciare, qualsiasi cosa potrò dire, vi prego andate a vederlo. Perchè questo film è IL film e quando vedrete capirete cosa intendo. A dispetto della locandina e a dispetto di quanto possa essere stato detto da altri, questa pellicola non racconta una storia per bambini, ma una storia che val la pena di essere vista, assorbita, navigata, ascoltata e gustata da tutti, soprattutto se si ama il cinema.

Conclusa questa spassionata dichiarazione d’amore, probabilmente ne comincerò qui di seguito un’altra, piena di spoilers, quindi lettori se ci siete chiudete la pagina e tornate dopo aver visto il film.

Avendo studiato un po’ di storia del cinema dalle origini (incluse lanterne magiche, zootropi, tableaux vivants) Hugo Cabret ha rappresentato per me il boccone più gustoso di un sontuoso banchetto. Perchè sì, Hugo Cabret è uno splendido, magico e incantevole film sul cinema, sui sogni a cui esso da vita. Hugo, il bambino protagonista è in realtà l’incarnazione di noi tutti cinefili, noi ancora bambini sognatori anche se l’età dice diversamente. E come tali come potremmo non restare con gli occhi sgranati e pieni di meraviglia davanti al genio di Georges Méliès, tra i padri fondatori del cinema con tutte le sue fantasmagoriche illusioni (in senso positivo). Martin Scorsese riesce a confezionare un film avventuroso, misterioso e luminoso al contempo. La storia è ambientata nella Parigi post WWI, presumibilmente alla fine degli anni 20. Ma la città è poco visibile, escluse alcune scene panoramiche mozzafiato, quel che interessa è il fermento parigino che si trasforma in una fucina di ingranaggi, di macchine, di orologi, metafore della mente e della fantasia. Partecipi della triste storia del giovane Hugo, siamo trasportati indietro nel tempo e posti di fronte a un mistero che schiuderà a un mondo completamente inaspettato e oltre ogni previsione. Per quanto io non ami affatto il 3D, questo forse è l’unico film che valga davvero la pena di essere visto a quel modo. La conclusione della narrazione viene scandita attraverso le opere di Méliès stesso, incluso il celebre Le voyage dans la lune che visto (finalmente) in buona qualità e persino animato in tre dimensioni è da non perdere per nulla al mondo.

E con questo chiudo la mia seconda spassionata dichiarazione d’amore verso sceneggiatura, recitazione, ambientazione, e cinematografia di questo lungometraggio (si insomma anche se non ho citato uno per uno questi aspetti va da sè che funzionino tutti in modo eccellente).

PS. altro spoiler per cinefili. Scorsese ha messo in scena il famoso episodio sulla proiezione di L’Arrivée d’un train à La Ciotat dei fratelli Lumière, in cui gli spettatori si alzano spaventati pensando di venire investiti dal treno (e se non è una chicca questa..).

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In Time

In time locandina

Ladies and gentlemen, buon lunedì. Ebbene, sono stata decisamente assente negli ultimi due mesi, ma la vita reale mi ha chiamata all’appello e ho dovuto sospendere i miei alti propositi di scrittura cibernetica. Oggi ho finalmente un po’ di tregua dagli impegni e quindi eccomi a introdurre l’argomento di questo post: In Time. Si tratta di un film di produzione americana diretto da Andrew Niccol e che è uscito nelle nostre sale in questi giorni. Andrew Niccol per capirci è il regista di Gattaca e Lord Of War. Io da parte mia ho visto solo il secondo, ma mi propongo di vedere Gattaca dato che sono almeno un paio d’anni che mi viene consigliato di vederlo, tanto più che pare avere alcuni punti in comune con In Time. La storia infatti è ambientata in un ipotetico futuro non troppo lontano, dove il mondo è diviso in Time Zones, ghetti per ricchi e ghetti per poveri che giocano letteralmente a rubarsi il tempo l’uno con l’altro. Questo è indubbiamente il punto più interessante di tutto il film: nonostante sia un thriller/action movie impastato di science fiction, questo universo creato da Niccol non è popolato da automobili e macchine futuristiche in grado di fare le cose più sorprendenti, bensì è uno spazio allegorico in cui i soldi non esistono più, è solo il tempo la merce di scambio e coincide con la vita stessa delle persone. Il film si propone come una parabola sul capitalismo estremo che porta la società a guadagnare, vivere basandosi sulle morti di altre persone, rubando loro il tempo e la vita. Come in fondo succede anche nel presente, forse solo in modo meno plateale (per certi versi).

Purtroppo per noi benchè il pressuposto che sta alla base di tutta la trama sia indubbiamente coinvolgente, il film soffre molto per diversi aspetti. Innanzitutto la sceneggiatura: sia per accattivarsi il pubblico o per cercare di essere più comprensibile, la storia viene sviluppata tramite le azioni di Will Solas, giovane del ghetto povero, che per una combinazione di eventi scopre la smodata speculazione di tempo ad opera degli abitanti di New Greenwich, il settore ricco. Nella sua lotta contro queste sanguisughe senza scrupoli, Will finirà per trovare in Sylvia Weis, figlia del grande magnate di New Greenwich, una ottima alleata disposta a lasciare la sua gabbia dorata per diventare la partner perfetta di un moderno Robin Hood. E qui qualcosa dovrebbe già farvi accendere una lampadina. Arrivati a questo punto il film cede in modo mortale, nonostante la suspance (neanche tanta) data dalla fuga dei nostri inseguiti dai poliziotti Timekeepers, veniamo più di una volta tediati dalla scontatezza del loro rapporto: poor boy meets sexy rich girl, they fall in love. Per quanto possano essere interessanti le cosce della protagonista e tenere le loro effusioni di coppia, onestamente se ne poteva fare a meno. La caratterizzazione dei personaggi stessi è piuttosto scontata: Sylvia è una figlia di papà assetata di avventure, e stanca delle noiose feste dell’alta società. Rappresenta il tipo di eroina con i capelli sempre in piega e che corre chilometri sui tacchi 8 a spillo con plateau senza stancarsi, nonchè tiratrice quasi perfetta al primo uso di pistola (il rinculo al solito è per gli sfigati).Will è il coraggioso ragazzo onesto, pieno di buoni sentimenti, ma che non esita a sparare (solo ai cattivi non sia mai!) per salvarsi la vita. Ha un passato travagliato, il padre è un fighter e muore quando il figlio è ancora un bambino e la madre gli si spegne di povertà tra le braccia. I dialoghi sono piuttosto prevedibili e molto stereotipati. I tentativi di humor sono altrettanto fallimentari, il più delle volte sembrano solo le uscite di un poser. Ultima nota va al cast: Justin Timberlake, Amanda Seyfried e Cillian Murphy interpretano rispettivamente Will, Sylvia e il Timekeeper. Ora senza voler avere dei pregiudizi contro Justin Timberlake, mi duole dire che la sua recitazione è un tantino penosa. Murphy come al solito non delude e Amanda se la cava abbastanza bene, nonostante il personaggio, ma our ghetto boy a mio parere non solo non ha il cosiddetto physique du rôle, ma quand’anche, manca decisamente di espressività.

Non volendo essere troppo crudele, penso sia necessario dire che In Time con tutti i suoi difetti è comunque un film godibile, buono per quelle sere che non avete niente da vedere e avete voglia di un po’ di science fiction senza robottoni.

PS. per i fissati di cinematografia: l’ambientazione non è malvagia e la fotografia è nella media…senza gloria e senza infamia.

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